New York ricorda Nannarella

Nel giorno dell’effettivo centesimo compleanno di Anna Magnani, celebrato al “The National Arts Club” di Manhattan, il direttore della Casa Italiana della New York University, Stefano Albertini, mi diceva di essere contento che l’America non si fosse dimenticata di lei.

La celebrazione, una festa di amore puro, ha catturato lo spirito della grande attrice e cantante romana, della quale vengono regolarmente mostrati i film nei cinema d’essay e nelle classi universitarie di cinematografia.

Mario Fratti, il relatore principale (il cui “Nine”, adattamento per Broadway del film di Federico Fellini “8 e ½” ha vinto sette Tony Award), ha parlato con affetto dei successi e dei dolori della sua carriera. Quello che è stato l’amore della sua vita, il figlio Luca, è stato affetto dalla poliomelite nell’era in cui non esisteva vaccinazione, e l’attrice ha fatto il possibile per curarlo.

Durante la serata, ai cento ospiti dell’evento è stata offerta una versione di 45 minuti dello spettacolo di doppia durata scritto e diretto dalla brava Theresa Gambacorta, “La Magnani”, messo in scena off-Broadway all’Arc Light Theater.

Gambacorta inizia dal 1965, anno in cui Anna Magnani si è aggiudicata l’Academy Award come migliore attrice per “The Rose Tattoo” con Burt Lancaster. Gambacorta ha intrecciato storie personali e sentimentali, i rapporti col figlio Luca, col suo regista preferito, Roberto Rossellini, e con altre persone cruciali della sua vita. Gambacorta ha messo in scena con padronanza un testo affascinante dopo aver studiato con profonditá la vita della Magnani.

Il pubblico è stato così trasportato in un viaggio della memoria che ha sovrapposto l’adolescenza romana di Nannarella (il soprannome romanesco dell’attrice), la passione per il suo lavoro, l’amore e l’impegno per il figlio, miscelando realtá e immaginazione. “Quanta tristezza e quanto talento” ha commentato Valerie O’